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Antonio Lo Schiavo 7°
di S.Marina




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ALTRE IPOTESI
SUL COGNOME
" LO SCHIAVO"

di
**FRANCO NAZZARENO LO SCHIAVO**

 

PRESENTAZIONE

Anche se le conclusioni raggiunte dall'Autore possono essere diverse o in qualche modo discostanti, da quelle in precedenza da noi manifestate in questo sito, pubblichiamo con piacere queste "ALTRE IPOTESI SUL COGNOME LO SCHIAVO" con lo spirito di rendere sempre un gradevole servizio a chi fosse interessato a leggere le nostre pagine.
Pertanto si riportano in questa pagina alcune teorie che riguardano la derivazione linguistica ed anche gli aspetti geografico-sociali che insieme diedero vita al cognome LO SCHIAVO con particolare riguardo verso i folti gruppi di LO SCHIAVO di Calabria.
Queste teorie sono brillantemente esposte da FRANCO NAZZARENO LO SCHIAVO che è stato ed è il più importante nostro omonimo che ha sempre collaborato con questo sito www.loschiavo.it.
Ospitiamo con gratitudine le Sue opinioni perché è a noi ben noto il Suo impegno profuso nella stesura del corposo lavoro di ordine storico ("Genealogia dei Lo Schiavo di Monteleone di Calabria – Vibo Valentia") .
Il suddetto lavoro si occupa delle diverse diramazioni familiari calabresi dal punto di vista storico-genealogico e questa pagina è solamente uno stralcio della sezione VI che riguarda alcune teorie di ordine etimologico sul cognome "LO SCHIAVO", confortate da riferimenti bibliografici precisi, che indicano senza alcun dubbio l'ultradecennale lavoro eseguito nell'oscuro ed ingrato mondo degli amatori della conservazione di radici antiche.
Anche nel caso delle teorie dell'amico FRANCO NAZZARENO LO SCHIAVO, così come fatto per altri, ci piace ricordare che la pagina seguente è una trascrizione integrale delle suddette teorie, che si integra perfettamente nella visuale garantista di questo sito.
E' così che presentiamo, a coloro che ne fossero interessati, le diverse linee di pensiero riguardanti gli argomenti di cui sopra ed inoltre confermiamo che le nostre pagine sono sempre aperte a tutti coloro che avessero il desiderio e il piacere di voler fornire dati nuovi, notizie o quant’altro serva a meglio chiarire qualsiasi affermazione già fatta da noi o da altri.

Lasciamo all'amico FRANCO NAZZARENO LO SCHIAVO l'onere della responsabilità delle affermazioni da Lui fatte insieme al piacere (interpretando i suoi pensieri !) di dichiararsi fin da ora a disposizione di chiunque volesse avere migliori informazioni o chiarimenti sugli argomenti da Lui trattati.
Riteniamo anche possibile la Sua disponibilità a meglio definire argomenti inerenti la Sua opera : "Genealogia dei Lo Schiavo di Monteleone di Calabria – Vibo Valentia" che per la sua corposità e diffusa utilizzazione di fonti anagrafiche e storiche può essere delucidata solamente dall'Autore medesimo. Franco Nazzareno Lo Schiavo >>>>>postmaster@loschiavo.it

E' con questo spirito che rinnoviamo il nostro ringraziamento a FRANCO NAZZARENO LO SCHIAVO per il presente contributo e per la continua amichevole attenzione verso questo website www.loschiavo.it .

antonio 7° lo schiavo di S.Marina Salina

 

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ETIMOLOGIA


Da: “Genealogia dei Lo Schiavo di Monteleone di Calabria – Vibo Valentia”
di Francesco Nazzareno Lo Schiavo ---- sezione VI


L’analisi etimologica del cognome trattato inevitabilmente ci porta a considerarne l'origine come derivante da una precisa condizione sociale: quella, appunto, della schiavitù.
In effetti, la parola "schiavo" deriva dal latino medievale sclavus, slavus: "prigioniero di guerra". Ma dalla parola slavus deriva anche il nome degli slavi.
Benché non esista concordanza di opinioni riguardo al nome degli slavi, che ricorre negli etnomini slovàki, (slovacchi) e slovenci, (sloveni), rilevo dalla "Treccani" [1], secondo un’etimologia questi nomi sarebbero connessi con la parola slovo, (parola): gli slavi sarebbero dunque "i parlanti", cioè coloro che "si esprimono in un idioma comprensibile", in contrapposizione ai tedeschi, "i muti", quelli, cioè, che "parlano in modo da non farsi intendere".
Vi sono altre etimologie tra le quali la più verosimile fa risalire il nome a una radice indoeuropea klew, (bagnare, pulire), che darebbe il valore di "abitanti presso un luogo umido o presso un corso d’acqua chiamato Slovo o Slova".
Anche il Rohlfs [2] accoglie, sostanzialmente, questa ipotesi. Secondo lui il cognome deriverebbe da "sclavo", cioè slavo e, in particolare, il cognome "Schiavone" trarrebbe origine da "Schiavon delle Venezie: della Slavonia".
Se così fosse, si ammetterebbe che il mio cognome trae origine non dalla condizione di schiavitù dei miei più antichi antenati ma dalla loro provenienza.
Peraltro, anche il nome del Comune di Schiavi d'Abruzzo (anticamente chiamato Sclavi) trae origine dal fatto che fu fondato da una colonia di slavi; ai tempi dei Normanni esso divenne feudo di Roberto da Sclavo. Il documento più antico ove si parla del territorio di Sclavi risale all'anno 922 [3].
Le antiche popolazioni slave lasciarono traccia evidente del loro nome, in questo caso, in quello che poi divenne un comune e, in altri casi, in quello che poi divenne un vero e proprio cognome.
Il primo ceppo degli slavi apparve all’improvviso al confine dell’impero bizantino nei primi decenni del 6° secolo d.C.. Ma le vicende guerriere degli "Schiavoni" nell’Europa orientale sono collocabili anche in epoche precedenti. Nell’anno 496 essi scacciarono dalla Polonia i Goti che vi si erano stabiliti assieme agli Svevi dopo il primo insediamento del popolo dei Sarmati [4].
Non posso, ovviamente, in questi scritti, dilungarmi nella trattazione della storia del popolo slavo e delle sue migrazioni nel corso dei secoli o nell’approfondimento dello studio delle origini della schiavitù, per i quali argomenti rimando alla lettura di testi appropriati, a beneficio di tutti coloro i quali volessero affrontarli specificamente.
Il De Felice [5] sostiene che, nella maggior parte dei casi, questo cognome e tutte le sue varianti siano "...la cognomizzazione di soprannomi e appellativi, da originari nomi di condizione sociale o etnici, formati da schiavo e schiavone, che dal Medio Evo all’età moderna hanno indicato non solo gli individui di condizione non libera (prigionieri di guerra, schiavi e servi senza diritti) ma anche, spec. nella forma schiavone (in veneto schiavon) e sciavo, gli Slavi dell’Adriatico orientale (e schiavoni, a Venezia, erano un corpo militare speciale della Repubblica nel Seicento e nel Settecento)”.
La notizia più remota riguardante un individuo con questo cognome risale all’anno 822 d.C. quando “Tommaso lo Schiavo generale saracino assedia Costantinopoli; il freddo l’obbliga a toglier quest’assedio”. Ma l’anno dopo, l’823 “I Saraceni s’impadroniscono dell’Isola di Creta e vi edificano la città di Candia, che dà poi il nome a tutta l’isola" [6].
A parte questa noticina nient’altro fa ricondurre l’origine dei Lo Schiavo ad un ceppo saraceno. Vari e più sostanziali elementi fanno propendere per una radice slava.
Vi è poi il curioso riferimento ad un certo Lo Schiavo di Bari, in una antica novella scritta da un anonimo del XIII secolo, inserita nella collezione detta Gualteruzziana (Bologna, 1525) e poi nella Borghiniana (Firenze, 1572). Questa raccolta era titolata, all’inizio, “Le cento novelle antiche” e successivamente “Novellino” (la titolazione più conosciuta), ed anche “Libro di novelle o di bel parlar gentile”.
Il “Lo Schiavo” cui ci riferiamo fu chiamato a redimere una questione sorta tra due uomini per via di un prestito di trecento bisanti. A proposito di tale personaggio, annota Giuseppe Morpurgo: “pare si tratti di uno scabino, o giudice; a meno che non sia un Michael Sclavus, governatore musulmano di Bari nel 925”.
Giuseppe Pensabene, in uno studio riguardante gli “Etnici orientali” [7], sostiene che il cognome Lo Schiavo ha chiara origine slava, e afferma quanto segue: “Non si tratta del classico schiavo (servo) ma di Schiavone, slavo.
L’Impero Bizantino fu in continuo contatto con queste popolazioni, amiche e nemiche al tempo stesso e di cui alcune bande si sistemarono perfino in Italia. La famiglia in questione ha il suo ceppo attuale a Taurianova ma il suo albero genealogico si rifà a Bisanzio, dividendosi nei tre rami di Napoli, delle Puglie, e della Calabria.”
A questo punto riporterei testualmente quanto scrive Franz Von Lobstein [8], trattando le origini della famiglia in questione e il suo insediamento in Calabria:
“Antica famiglia, stabilitasi nella prima metà del secolo XVII in Radicena, proveniente da Seminara, ma di lontana origine veneto-dalmata. Secondo la tradizione e le Cronache Calabresi del Canonico Addesi, i signori Lo Schiavo discenderebbero da due fratelli, pronepoti di un nobile veneto, che, bandito da Venezia sul finire del secolo XIII, si sarebbe rifugiato in Dalmazia e cioè nella Schiavonia. A metà del secolo XV, i ricordati due fratelli, fuggiti da una galera turca, avrebbero trovato asilo sulla costa jonica della Calabria.
I loro discendenti, assunto il cognome Loschiavo, proprio in ricordo della loro provenienza, si diramarono in Cittanova, Gerace e Seminara. Da qui nei primi decenni del secolo XVII, Vincenzo, figlio di Nicola Loschiavo di Seminara, a seguito di matrimonio pose la sua residenza in Radicena"
.
E appunto al catasto onciario di Radicena del 1742 troviamo la partita del settantenne Antonio Lo Schiavo “del ceto nobile”, marito della cinquantenne D. Anna Tropeano (costei era la seconda moglie) e padre di un Domenico, ventiquattrenne, di un Pasquale, ventunenne, studente, e di un Gaetano, seienne, nonché di una Teresa, ventiduenne, e di una Elisabetta, quindicenne.
Dalle carte della R. Udienza di Catanzaro apprendiamo inoltre che il nostro Antonino morì nel giugno del 1755 (Cart. L 239 - 4-X), dopo aver istituito eredi i menzionati suoi figli cui vanno aggiunti un D. Francesco Antonio e una D. Teodosia.
Un’annotazione patetica: nel testamento è fatto obbligo agli eredi di contribuire con 9 ducati mensili al sostentamento del fratello D. Domenico “scemo di cervello”.
Sempre le carte della R. Udienza ci mostrano il Dottor D. Pasquale Lo Schiavo - che or ora abbiamo visto registrato nel catasto onciario come ventunenne, studente - nel 1758 oggetto di ricorso per la revisione del catasto (Cart. C 72 - 16-XV) e dieci anni dopo nel 1768, “giudice e procuratore della Principessa di Gerace e Terranova” ancora una volta oggetto di ricorso perché esercita quell’officio, e da ben tre anni, nonostante sia “del posto” (Cart. A - 7-II).
Di D. Francesco Antonio Lo Schiavo apprendiamo che impalmò D. Angela Plutino di Reggio, che aveva sposato prima nel 1790 senza il consenso del genitore di lei, D. Vincenzo Antonio Plutino (Cart. 0-344 - 2-XIV).
L’esser stato D. Antonio Lo Schiavo di Radicena chiamato nel maggio del 1754 a ricoprire l’incarico di Secondo eletto dei Nobili della città di Mileto (ce lo dice il rogito del 7 maggio 1754 del notaio Marc’Antonio Catalano di Mileto) va evidentemente posto in nesso al fatto ch’egli era, come abbiamo più sopra ricordato, marito di una dama di casa Tropeano, ascritta al seggio di Mileto, cui aveva dato nel 1732 e nel 1736-37 un Eletto dei Nobili.
Il 15 novembre del 1823 il sac. D. Domenico Lo Schiavo ottenne un canonicato nella cattedrale di Mileto.
Da D. Gaetano Lo Schiavo (1789-1858) figlio di D. Francesco Antonio (1736-1808), figlio di D. Antonio (1672-1774) e di D. Anna Tropeano, nato il 28 marzo del 1811, vide luce D. Pasquale nominato senatore del Regno d’Italia il 24 maggio del 1863 per la 21a categoria (censo), cui Vittorio Emanuele II re d’Italia con decreto del 29 gennaio 1865 concedeva il titolo trasmissibile per primogenitura maschile di conte di Pontalto.
Non erano passati che poco più di cento anni dal momento in cui il nostro D. Antonio ricopriva l’officio di Eletto dei Nobili di Mileto e il titolo comitale del 1865 sopravveniva come una sorta di coronamento dell’ormai ultrasecolare status nobiliare dei Lo Schiavo, che del resto aveva visto già nel 1838 riconosciuto dalla Santa Sede tal sua qualità con l’ammissione come convittore nobile del diacono Michele Lo Schiavo all’Accademia Ecclesiastica.
Ed inoltre Monsignor Michele Lo Schiavo, Prelato Domestico di Papa Mastai, Delegato Apostolico di Camerino, fratello del menzionato D. Pasquale, primo Conte di Pontalto, il 21 settembre del 1848 venne “con i suoi” - tibì tuisque - aggregato alla Nobiltà di Camerino, anche in considerazione della “chiara nobiltà” della sua famiglia.
Non va, infine, trascurata la serie non interrotta negli ultimi duecentocinquant’anni delle alleanze contratte dai signori Lo Schiavo con le nobili famiglie Avati, Compagna, Contestabile, Gagliardi, Lupinacci, Luvarà, Plutino, dal Pozzo, Sbalia, Tropeano e Zerbi.

Arma: spaccato nel 1° d’oro, allo schiavo al naturale addestrato da un crescente di rosso e sinistrato da un leone al naturale rampante ad un cipresso terrazzato di verde, accompagnato in capo da tre bisanti male ordinati d’oro;
nel 2° partito: (a) scaccato d’azzurro e d’oro;
(b) bandato d’oro e di rosso.”

Stemma dei Lo Schiavo
tratto da un testo del Lobstein

Stemma dei Lo Schiavo
tratto da un testo dello Spreti


Questo lungo inserto, come si vede, è di estremo interesse in quanto offre indicazioni più precise riguardo il primo insediamento calabrese dei Lo Schiavo, pur confermandone l’origine slava, ma ancor prima, veneta.
Ora passerei all’interessante articolo apparso di recente sul mensile “La città del sole” [9] a firma di Isabella Loschiavo, intitolato “Le famiglie patrizie di Radicena e Jatrinoli: i Loschiavo”, che riporto testualmente:
La famiglia Loschiavo proviene da Bisanzio, così come risulta da un documento rilasciato il 6 agosto 1848 da Camerino in lingua latina, in cui si dice che Michele Loschiavo, pronotario apostolico, nominato da Papa Pio IX a reggere la Segnatura di Camerino e provincia, ha avuto origine da antichissimi nobili antenati residenti a Bisanzio, i quali “si allontanarono da lì quando quella sventurata città cadde sotto la tirannia dei Turchi, dopo che l’impero greco fu abbattuto da Maometto II”. Da Bisanzio i Loschiavo si trasferirono a Messina e successivamente a Reggio, ed infine a Cosenza “ricevuti dovunque con i massimi onori”.
Un ramo dei Loschiavo si è stabilito a Radicena verso la metà del 1600, come risulta dai libri parrocchiali, dagli atti notarili e dai documenti degli Atti pastorali.
I primi ad installarsi a Radicena furono: Antonio e Francesco, dai quali nacquero due ceppi. Da Antonio, che sposò Anna Tropeano, nacquero tre figli: Pasquale sposò Anna del Pozzo di Mammola: il figlio di costui Giovan Battista si unì in matrimonio con Giuseppina Pellicano di Gioiosa Jonica: ed ecco perché questo ramo si chiamò Loschiavo-Pellicano.
Dal ramo di Francesco, invece, discende il senatore Pasquale, che aveva sposato in prime nozze Rosina Zerbi e successivamente Benilde Rossignani. Egli si prodigò presso la popolazione affinché votasse per il plebiscito a favore dell’Italia una e indivisibile con Vittorio Emanuele re costituzionale.
Per i suoi meriti verso la corona fu nominato senatore il 24 maggio 1863 ed ottenne dal re la concesssione di Conte di Pontalto con R. D. del 29 gennaio 1865. Per suo interessamento vennero istituite la Guardia Nazionale, una società operaio di mutuo soccorso ed una banda musicale, diretta da un certo Papa e successivamente da un tale Mastrangelo.
La moglie di Pasquale Loschiavo, Benilde Rossignani, ha fatto istituire per testamento un’opera pia: un Asilo che avrebbe dovuto accogliere bambini poveri gratuitamente e bambini di condizioni normali dietro pagamento di una retta. Il 5 ottobre 1942 l’Asilo diventò Ente Comunale di Assistenza. Infine dal 1978 è diventato Asilo Comunale.
Nel corso dei secoli, riscontriamo che molti della famiglia Loschiavo ricoprirono la carica di sindaco e di consigliere comunale, esercitarono lo ius patronatus sugli altari delle chiese di Radicena. Dal catasto onciario si evince che erano possessori di estensioni di terre e riscuotevano censi dai privati.
Ricordiamo tra i personaggi illustri: Prenestino, poeta e autore di un volumetto in versi “Povere fronde” (1866), con prefazione di N. Tommaseo, che lo stimava non poco. Morì a soli 20 anni.
Rocco, preside nell’Istituto normale di Messina, studioso di lettere latine e greche e conoscitore di molte lingue straniere, tra cui l’ebraico. Fondò a Radicena la sezione della Democrazia Cristiana, venne eletto consigliere provinciale e fu nominato presidente del Comitato di Liberazione Nazionale. Critico letterario e saggista, morì nel 1950.”.
Come si vede, sono molti i punti di contatto tra questo articolo e lo studio del Lobstein. Nessuno dei due, però, offre alcuno spunto sugli eventuali rapporti tra i Lo Schiavo di Radicena, ove si insediarono verso la metà del 1600, e quelli di Monteleone e dintorni, ove, invece, erano presenti già nella metà del 1500.
Ne è una prova un atto di vendita del 3.1.1575 rogato dal notaio Michele Pitoja in Monteleone.
In quella data, infatti, Romano Scursi, padre del poeta monteleonese Giandomenico, “...cede all’onorato Nicola Angelo Loschiavo una vigna “cum quodam largo territorii” con 350 alberi da frutta in località “Ropolà” di S. Gregorio, in cambio di tre salme di mosto, due “còfini de racina de passula” (due ceste da basto di uva passa), due parti di mele appiole e metà dei frutti, da corrispondere ogni anno a titolo di censo enfiteutico, come dire che questa proprietà gli assicurava il vino e la frutta per tutto l’anno.
In un altro atto della metà del ‘500 del notaio Martino Baccaro viene rogata una compravendita tra Hieremia e Andrea deloschiavo, anch’essi entrambi di San Gregorio [10].
In altri atti successivi, come nell’Apprezzo del 1650 di Antonio Tango [11], vengono segnalati Scipione e Ambrosio Lo Schiavo, entrambi proprietari terrieri nella Terra di Stefanaconi.
La storia ci dice che la città di Costantinopoli, l’antica Bisanzio, fu espugnata nel 1453 dai 150.000 uomini di Maometto II che ebbero la meglio sui 9.000 difensori, per lo più greci, genovesi e veneziani.
Nulla vieta che tra i fuggitivi vi fossero anche slavoni, magari di origine veneta, che ripararono nel meridione d’Italia.
E può essere possibile, anche se molto romanzesca, la vicenda narrata dal canonico Addesi relativa ai due fratelli che fuggirono dalla galera turca fino ad arrivare in Calabria.
I loro discendenti vollero ricordare nello stemma di famiglia, oltre che l’origine bizantina (raffigurando tre bisanti, ossia tre monete d’oro bizantine), il momento forse più difficile della loro storia: la condizione, solo momentanea, di schiavitù, dalla quale i loro antenati si riscattarono (non sarebbe plausibile, altrimenti, ostentare in uno stemma di famiglia nobiliare una simbologia che richiamerebbe origini plebee).
Pertanto, si può concludere affermando che i Lo Schiavo di Calabria, ovunque abbiano posto la loro residenza, tranne che in qualche caso sparuto, hanno origini comuni, tanto più se si deve dar credito alla leggenda dei due fratelli di 500 anni or sono.
Ho escluso dalla ricerca individui dai cognomi derivati (Schiavi, Schiavello, Schiavone, Lo Scavo, ecc...) pur supponendo una probabile origine comune.
A proposito delle famiglie Schiavi, aggiungo soltanto che R. Capalbo (“Memorie storiche di Acri” - S. Maria C. V., 1924) le include tra le famiglie nobili di Acri. Una loro diramazione la troviamo a Radicena e, qualche individuo, a Monteleone fino ai primi dell’ottocento.

BIBLIOGRAFIA CONSULTATA E RIFERIMENTI:

[1] >> G. Treccani, Dizionario Enciclopedico Italiano, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 1970.
[2] >> G. Rohlfs, Dizionario dei cognomi e soprannomi in Calabria, Longo Editore, Ravenna, 1979.
[3] >> Vi erano altri due Comuni denominati Schiavi, uno in provincia di Caserta e l'altro in provincia di Frosinone, che da molto tempo hanno mutato il loro nome, rispettivamente, in Liberi e Fontechiari. L'origine della vecchia denominazione, però, in entrambi i casi, ha a che vedere con la condizione di schiavitù degli antichi abitanti.
[4] >> Tavole Cronologiche della Storia Universale dal principio del mondo fino ai tempi nostri, Napoli, 1809, pag. 143.
[5] >> E. De Felice, dizionario dei cognomi italiani.
[6] >> Tavole Cronologiche della Storia Universale dal principio del mondo fino ai tempi nostri, Napoli, 1809, pag.18.
[7] >> G. Pensabene, Cognomi e toponimi in Calabria, Gangemi Editore, Grafiche Meridionali, 1987, pag. 248.
[8] >> F. Von Lobstein, Settecento Calabrese, Frama Sud, Chiaravalle Centrale, 1990 - pagg.158, 159, 160.
[9] >> ”La città del sole”, ed. Sosed, Rosarno, aprile 1998. Articolo di Isabella Loschiavo.
[10] >> Da ricordare che a Radicena i Loschiavo si stabilirono nei primi anni del 1600 mentre questi atti dimostrano la presenza di individui con questo cognome nei dintorni di Monteleone già a metà del 1500.
[11] >> Barilaro A., “Apprezzo dello Stato di Soriano in Calabria Ultra 1650”, ed. Barbaro, 1982.


ESTRATTO DA :
“Genealogia dei Lo Schiavo di Monteleone di Calabria – Vibo Valentia”
di Francesco Nazzareno Lo Schiavo ---- sezione VI


antonio 7° lo schiavo di S.Marina Salina